domenica 5 giugno 2011

STORYBOARD














Ed ecco che le idee prendono forma...immagini chiare delle impressioni che vogliamo lasciare.

domenica 15 maggio 2011

ADD ON. 20 HOHENMETER, Vienna, 2005










































Durante sei settimane Add On. 20 Hoenmeter ha trasformato laWallensteinplatz di Vienna in un centro di interazione urbana: nell'estate del 2005, nel mezzo di una piazza cittadina, è stata installata, come fruibile, una struttura temporanea in grado di comunicare e interagire con il grande pubblico. La struttura base di Add On era costituita da un'impalcatura a torre nella quale moduli spaziali, realizzati appositamente per quest'opera, si interconnettevano con pezzi prefabbricati la cui funzione originaria era stata fantasiosamente cambiata. In quanto ambiente accessibile al pubblico, l'intera installazione si proponeva come invito a esplorare nuovi mondi e offriva una vasta gamma di visioni. ne risultava una varietà di visuali sulla vita quotidiana, sul nostro Habitat in generale e, più specificamente, sul sito della piattaforma: uno spazio pubblico che era sia palcoscenico, sia luogo di incontri inattesi. A coloro che salivano i venti metri a spirale della struttura, Add On rivelava spazi e attività mutevoli a ogni cambiamento di direzione: un collage verticale di citazioni tratte da forme familiari di vita e dalle loro interpretazioni. Le necessità umane fondamentali, rese tema all'interfaccia tra il pubblico e il privato, si svelavano all'esterno attraverso i loro rispettivi simboli. Alla funzionalità dello stereotipo si opponevano gli usi contraddittori, e i tessuti sociali connessi a tale funzionalità venivano sottoposti a dibattito pubblico. La visita di Add On iniziava da uno spazio di sosta che si presentava sia come palcoscenico che come salotto. Un container per spedizioni oltremare con un autobus di città ad esso collegato servivano da spazio espositivo. una serie di paesaggi associabili al giardino, dalla terrazza soleggiata allo scenario di montagna, rappresentavano le aspirazioni della gente. una Jacuzzi, una stanza della musica con giradischi e un calcetto erano stati scelti come tipici passatempi. L'ufficio su mensole a sbalzo costituiva un luogo di lavoro, mentre la roulotte del quinto livello era la casa del custode. Una mensa, con annesso lounge, provvedeva al servizio ristoro, e, sospeso a un'altezza vertiginosa, vi era un caffè panoramico per due. Un ponte creava u collegamento tra la torre e l'area degli artisti ospiti, che qui potevano pernottare in spazi abitativi simili a capsule, progettati e costruiti dagli studenti di architettura della Technische Universitat di Vienna. Add On, con il suo denso programma di eventi quotidiani, funzionava come sede di conferenze, concerti, progetti di artisti in transito, proiezioni di film.

Un'altro esempio molto utile per noi sia dal punto di vista della gestione e della creazione di spazi, che per quanto riguarda il tema del riutilizzo dei materiali. Un mondo nuovo dove guardare con occhi diversi gli oggetti che ci circondano e che utilizziamo ogni giorno, ma anche una sensibilizzazione al riuso di questi. Spazi nuovi, luoghi di interazione, di ispirazione, luoghi dove esprimersi con una maggiore libertà di azione, dove scambiarsi idee, dove comunicare, dove conoscere.

LAB Padiglione temporaneo nel parco del Kroller-Muller Museum, Otterlo (Olanda), 2004




LAB sta per "labirinto" inteso come metafora della città e della vita urbana: difficoltà di districarsi tra le direzioni, impossibilità di cogliere con chiarezza un punto di ingresso e uno di uscita (ammesso che esista). Labirinto come condizione esistenziale condivisa, da reinterpretare, da rappresentare, da assumere come oggetto di riflessione. Un padiglione, anzi no un un allestimento, anzi no uno spazio aperto, anzi no un istallazione. Un contenitore, non neutro, capace esso stesso di parlare, di raccontare il tema del labirinto...
Il padiglione si trova in mezzo a una radura, la occupa quasi completamente, mentre la foresta fa da sfondo e da cornice. In mezzo, il grande prato diventa parte integrante del padiglione, materiale del progetto esso stesso. E' con la natura che il padiglione vuole dialogare e il dialogo si instaura principalmente attraverso il materiale, l'unico usato: tavole di legno grezzo sostenute da contrafforti dello stesso materiale, che hanno garantito, oltre alla naturalezza dei colori, odori e tatto, anche l'economicità dell'intervento. La scelta del materiale è funzionale all'interpretazione data al labirinto che gioca con il senso di disorientamento e con il contrasto e l'incomunicabilità tra spazi diversi, tra "esterno" e "interno". Il meccanismo utilizzato a questo fine è semplice: lo spazio destinato agli eventi temporanei è il grande prato rettangolare, la trasformazione del percorso perimetrale in un corridoio a cielo aperto, pavimentato con lastre di cemento, da cui è possibile accedere ai diversi spazi che ospitano le opere dei singoli artisti. Questa operazione genera tre spazi chiaramente distinti: un "fuori" dominato dalla presenza della parete in doghe di legno sostenute da montanti verticali, intervallati secondo una cadenza ritmica enfatizzata dalla sequenza dei puntoni diagonali che vi si addossano e che lascia intuire uno spazio introverso e nascosto; lo spazio intermedio un po' ossessivo e claustrofobico del corridoio; e un "dentro" in cui il grande prato risulta come negativo, ritaglio della costruzione degli altri spazi.

Questa installazione ci sembra un ottimo punto di partenza per le nostre riflessioni perché risposta alle nostre esigenze e progetto architettonico che è tante cose insieme: progetto di spazio aperto, organizzazione di uno spazio espositivo, scultura a grande scala, progetto di un giardino, dispositivo percettivo, strumento della visione, percorso sensoriale, messa in forma della collaborazione creativa tra artisti, curatori e architetti.

lunedì 9 maggio 2011

“Questi giovani d’oggi…”

Quest’anno in occasione del Fuorisalone milanese due sono stati gli eventi che mi hanno piacevolmente sorpresa.
In una Milano che rompe gli schemi della tradizionale routine, diventando cosmopolita e sede di uno straordinario scambio di idee, un gruppo di giovani studenti designer e creativi di ogni genere si organizza  autofinanziandosi per creare una propria esposizione satellite, tra chaise longue di cartone e abiti ricamati.
In una via non molto lontana un docente universitario del Politecnico di Milano offre la possibilità ai propri studenti di esporre gli elaborati prodotti durante i sei mesi di corso.
In entrambi i casi i ragazzi accettano con entusiasmo il mettersi in gioco, sponsorizzano le proprie creazioni e il proprio talento, si svegliano presto anche nel weekend e investono in modo alternativo il guadagno di un lavoro occasionale.
La città che vorrei è quella che progetta spazi per le giovani promesse,le esibisce, promuove e finanzia; quella che allestisce nuovi spazi di aggregazione per permettere la circolazione di idee e la crescita personale.
La città che vorrei è lungimirante, comprende che il proprio futuro è profondamente connesso all’arte, alla cultura, e soprattutto…a questi giovani d’oggi!
E la vostra?!

http://www.facebook.com/pages/SPAN/157987607593671
http://www.spanexpo.co.nr/

http://bsidecity.wordpress.com/

martedì 3 maggio 2011

"La critica va fatta a tempo; bisogna disfarsi del brutto vizio di criticare dopo."

(Mao Tse-tung)